L'autrice
israeliana Edna Angelica Calò dirige la
compagnia dell'Arcobaleno, in Italia a
settembre con
"Anne in
the Sky"
Giovani attori dalla Galilea per mettere
in scena la pace.
Ragazzi ebrei, cristiani e musulmani in
uno spettacolo
di teatro-danza ispirato al "Diario di
Anna Frank" di Roberto Malini.
UNO SPETTACOLO per
esorcizzare la paura. Una compagnia
teatrale per superare la rabbia e
togliere le maschere che soffocano le
vere emozioni. Un conflitto in corso da
troppo tempo, che abitua sin da piccoli
arabi e israeliani a convivere nel
terrore. Una donna fermamente convinta
che l'arte sia una lingua universale in
grado di sconfiggere la guerra e la
violenza. Tutto questo accade in Galilea,
a Kerem Ben Zimra, dove quattro anni fa
Edna Angelica Calò Livné fondò il teatro
dell'Arcobaleno, Teatron Keshet, un
progetto che riunisce una ventina di
ragazzi ebrei e arabi tra i 14 e i 20
anni, impegnati a mettere in scena la
pace e il dialogo tra i popoli.
Una compagnia che ha fatto tournée in
tutto il mondo e che farà presto tappa a
Roma, il 31 agosto e il primo settembre,
dove sarà presentato all'isola Tiberina
in prima mondiale lo spettacolo di
teatro-danza Anne in the sky scritto da
Angelica Calò e Roberto Malini. La
performance sarà poi in programma il 4
settembre a Venezia, al Teatro
Fondamenta Nuove, in occasione della
giornata europea della cultura ebraica.
Malini è anche autore della
sceneggiatura del film di animazione
tridimensionale Dear Anne. The gift of
hope (Cara Anna) di Dario Picciau, il
cui trailer sarà presentato nella stessa
giornata alla Mostra del Cinema.
" Anne in the sky " parte dalla vita e
dalla morte di Anna Frank e arriva al
traguardo della memoria, "sola base
possibile per un progetto di speranza,
di uguaglianza e di pace", spiega
l'autrice che intanto lavora con i
giovani attori della compagnia per
mettere a punto i passi di danza e la
mimica del nuovo spettacolo. "Quando
abbiamo cominciato i ragazzi non
sapevano nulla della Shoah, e non
avevano mai sentito nominare Anna Frank"
racconta Angelica Calò, "ma hanno
compreso a fondo il messaggio e
l'esempio dell'autrice del Diario ".
Gli attori usano il mimo e la danza per
comunicare, sul palco indossano una
maschera bianca e abiti colorati come
l'arcobaleno da cui prendono il nome.
"Durante i nostri incontri" spiega
ancora Angelica, "i ragazzi si scoprono
a parlare, a discutere, imparando ad
accettarsi l'un l'altro e si emozionano,
si commuovono, si incoraggiano a vicenda
a esprimere i propri sentimenti troppo
spesso soffocati. Sono stati proprio
loro a decidere di togliersi la maschera
durante lo spettacolo, contrariamente a
ogni convenzione teatrale".
Edna Angelica Calò, nata a Roma, si è
trasferita da giovane in Israele dove
vive con il marito e quattro figli. Si
considera una "educatrice alla pace
attraverso le arti", e per il suo
impegno con i giovani è tra le mille
donne candidate al Nobel per la Pace
2005. Un progetto nato cinque anni fa
quando i promotori, un gruppo di
europarlamentari, dopo aver constatato
che dalla nascita il prestigioso
riconoscimento è stato assegnato solo a
dieci donne, hanno deciso di sceglierne
mille tra quelle che si stanno battendo
per la pace nel mondo. Se assegnato, il
premio sarà diviso e utilizzato da
ognuna per proseguire il lavoro di pace.
Il Teatro dell'Arcobaleno è composto da
ragazzi religiosi del moshav Dalton,
arabi cristiani del villaggio di
Fassouta e dell'antico villaggio di
Pekiyn, musulmani del villaggio di Jish,
dei villaggi ebraici circostanti, una
ragazza cirkassa del villaggio di
Rehaniya. Ma non è stato facile metterli
insieme, spiega l'autrice, e far
esprimere loro le emozioni, le
drammatiche testimonianze, come quella
di una giovane che non voleva più
partecipare allo spettacolo dopo che
quattro dei suoi amici erano morti in un
attentato.
"La paura e la rabbia sono due
sentimenti da nascondere in Israele"
prosegue Angelica. "Poi, dopo un
esercizio di mimo dove ognuno raccontava
un dolore vissuto, una ragazza ha
iniziato un monologo struggente in cui
ha raccontato la sua esperienza
nell'ultima 'vacanza' a Monbasa, in
Kenia, con suo padre e i suoi fratellini,
quando l'albergo in cui si trovava è
diventato teatro di morte e orrore dopo
un attentato contro i cittadini
israeliani. Ciò che è seguito è stato un
sorta di viaggio attraverso i loro sogni
e le loro paure per raggiungere una meta
di speranza". Da lì è nato lo spettacolo
Bereshit (In Principio).
Il coraggio per andare avanti, conclude,
arriva dagli stessi ragazzi. "Nel mio
lavoro di educatrice, so bene che devo
essere un esempio per loro, che in
qualche modo dipendono da te. C'è un
termine nella cabala che dà un senso al
mio impegno: natan , vuol dire dare, e
si può leggere in entrambi i versi".
( 27 agosto 2005 )
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